Crossing Training

Abbiamo usato l’ espressione “allenamento incrociato” per indicare il confronto con altri stili, inteso come esperienza di apertura mentale necessaria sia per adattare il proprio sistema a diverse situazioni di combattimento, sia per intuire l’essenza profonda del combattimento stesso, che non ha regole, né preferenze di stile, ma solo la nuda e cruda realtà come unica e inviolabile legge.

A tal proposito nasce questo progetto di scambio, che si concretizza in lezioni interdisciplinari tenute da diversi appassionati di arti marziali e amici, con l’intento di offrirci spunti di riflessione e confronto attraverso alcuni aspetti e tecniche dei loro stili.

KICKBOXING OLD SCHOOL

La prima di queste lezioni è stata tenuta in novembre dal Istruttore Federico Mazza, Kickboxer di razza e forte di svariate esperienze marziali tra cui diversi anni di wing chun. Attualmente è compagno di sifu Sandro nello studio dell’ escrima filippina e del silat del borneo. Questa nostra simile esperienza gli ha permesso di focalizzare la sua lezione su principi per noi facilmente comprensibili, quali le posizioni, gli spostamenti, e l’uso dell’anca nel colpo. Ma andiamo con ordine…

Il riscaldamento è stato bello e abbastanza faticoso, molto improntato su aerobica e resistenza, subito seguito da sessioni di potenziamento per braccia, gambe e addominali. Vedere come si allenano gli altri è sempre un’ottima occasione per “fregare” qualche esercizio, e noi non ce la siamo fatta scappare, del resto è proprio questo lo scambio. Di qui siamo passati alla parte tecnica della lezione. Ovviamente il tutto si è svolto a livello base, con l’umiltà che ci vuole nell’approcciarsi a qualcosa di nuovo. Chi di noi aveva un’infarinatura di kali, o qualche esperienza passata affine, ha potuto rendersi immediatamente conto delle similitudini a livello di posizioni e spostamenti. Poi siamo passati allo studio dei pugni, provando combinazioni di diretti, ganci e uppercut. Nonostante le differenze strutturali tra kickboxing e wing chun è stato presto chiaro che i principi di base sono gli stessi, ciò che cambia sostanzialmente è la situazione e il modo di combattere: a distanza da un lato e a contatto dall’altro. Se per esempio combatto a contatto pieno, dovrò usufruire di tutta la forza meccanica che il mio corpo può generare, e di qui le rotazioni del wing chun, che sfruttano tutta la spinta del piede facendo perno sul tallone. Se invece combatto fuori dal contatto, ad una certa distanza, avrò la necessità di allungarmi verso l’avversario, usando in questo caso la spinta dell’ avampiede, alzandoil tallone. Lo stesso principio sappiamo valere nel combattimento con armi, dove il vantaggio conferito dall’arma stessa merita l’utilizzo dell’allungo.

Per lo stesso motivo la pugilistica della kickboxing, quasi identica a quella della boxe se non più finalizzata al bersaglio del volto, sfrutta l’allungo del pugno orizzontale e il movimento del tronco, ma l’importanza vitale della rotazione dell’anca resta fissa come una sorta di regola ineludibile di qualsiasi forma di combattimento.

La prima lezione si è chiusa qui, del resto non avrebbe avuto senso mettere ancora più carne sul fuoco. In progetto per la prossima volta lo studio dei calci e l’applicazione delle tecniche del wing chun ai calci della kick.

Prima di congedarci Federico ci ha mostrato una serie di tecniche di gamba al colpitore, e oltre ad ammirare la perfetta esecuzione e precisione, posso assicurare, visto che tenevo il pao, che la potenza di un kickboxer full contact è un qualcosa di impressionante.

Le ultime parole che mi sento di scrivere su questa esperienza le spendo volentieri per raccontare un po’ della bella chiacchierata a fine lezione. Federico ci ha raccontato del suo percorso, molto vario e interessante, e della sua visione della kickboxing, intesa come un “contenitore” particolarmente adatto allo sviluppo del proprio modo di combattere. Infatti, se è vero che spesso la kickboxing oggi viene offerta al pubblico come un prodotto preconfezionato da consumarsi secondo precise istruzioni e regole, è altrettanto e storicamente vero che non è sempre stato così. I pionieri degli anni settanta erano grandi atleti che sperimentavano sul ring, sulla propria pelle, soluzioni efficaci di combattimento, aprendo la mente a ciò che arrivava da fuori, per combattere in maniera versatile senza stilizzazioni cristallizzate né regole particolarmente limitanti.

Esiste un filo etico, secondo me, che unisce Wong Sheung Leung, Bruce Lee, e i vari combattenti di Beimo della scuola di Ip Man, ai primi grandi Kickboxer come Benny “the jet” Urquidez, Billy “superfoot” Wallace, o Joe Lewis, ossia una costante tensione alla sperimentazione come via di sviluppo per ogni sistema di combattimento. Non esistono verità rivelate e immutabili, ma solo continue scoperte.

Allenatore Diego Veronesi (responsabile corso Bambini)

allievo del Lotus Kwoon